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Vi è mai capitato di...

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Messaggio  tonja81 Dom Lug 07, 2013 5:56 pm

Ciao Carmen!
Sapessi come ti comprendo, anche se nella mia vita non mi sono mai allontanata dalla fede: è la mia linfa vitale, anche se piena di turbamenti e punti oscuri. Ogni volta che mi sento male per la mia omosessualità, chiudo gli occhi e mi fisso in una cosa: un'immagine che scoprii diversi anni fa grazie a un amico frate omosessuale. Se provi a cercare su google "immagine di Gesù che abbraccia", la troverai. Te la descrivo nei suoi punti essenziali: c'è un ragazzo con i jeans che impugna un martello in una mano e un chiodo nell'altra. Questo ragazzo è visibilmente distrutto:piega le ginocchia quasi tanto da non potersi reggere in piedi. E fin qui tutto normale. Dov'è la novità? La buona novella? Nella persona che lo sorregge da dietro: Gesù! Guarda le sue mani, trafitte proprio da quel ragazzo: nonostante ciò, lo stringono, non lo lasciano cadere! E poi un altro particolare: il Gesù che si vede nell'immagine è il Gesù così come tutti lo immaginiamo, con il suo abito bianco e sandali, ma il ragazzo è un ragazzo "moderno", cioè tu, io, noi...! Non che la omosessualità sia un problema moderno, per carità, però forse OGGI, nell'epoca della post-modernità, la Chiesa è chiamata a un'apertura, questo sì, almeno nel non farci sentire diverse, alienate, non amate, o peggio ancora peccatrici! Non ho mai lasciato la Chiesa proprio perché il contenuto di quell'immagine è stampata nel mio cuore. In quanto alla famiglia, non posso ancora darti consigli perché non l'ho comunicato alla mia e non mi sento di consigliarti un cammino ancora sconosciuto a me, in prima persona. Però sugli amici ti posso dire che i miei, i più cari, sono al mio fianco più di prima, perché io sono Antonella, prima ancora di essere omosessuale!
Spero di esserti stata utile.
Un caro saluto.
tonia
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Messaggio  Utahime Dom Giu 30, 2013 1:22 am

ciao carmen, da novellina anch'io provo a risponderti... è capitata anche a me e al momento non l'ho superata.

Mi fa sorridere il modo in cui hai fatto i conti "definitivi" con la tua omosessualità a causa di una ragazza, perchè ci sono passata due volte. La prima quando ho accettato me stessa e la seconda quando ho capito che non potevo vivere da cristiana con questa dimensione sotto al tappeto. Nel mezzo fra le due c'è stato il riavvicinamento alla vita di fede, con la convinzione "se io non ho problemi a essere cristiana e lesbica, non è un problema e basta". Ingenuotta, perchè ai cattolici (non certo a tutti) tende a fare problema. Non volevo vivere come quella dal segreto inconfessabile, tantomeno costruire amicizie che poi magari sarebbero evaporate se saltava fuori. Così stanca del logorio e per evitare illusioni, ho finito per farlo sapere. Quindi la prudenza di peanut, che è sicuramente un consiglio sensato, non me la sono sentita di gestirla.

Rifiutare tutto e poi reintegrarlo è un'esperienza che ho già vissuto varie volte, per cui in questo caso mi ci sono messa d'impegno a non passare alla fase del rifiuto. Certamente c'è un'incompatibilità tra come vivo io la fede e come funziona la Chiesa. Alla fine essere lesbiche è una vulnerabilità, qualcosa che può sempre essere usato contro di te. Il fatto che non ti rifiutino la comunione o l'assoluzione o ti lascino contribuire alla parrocchia dipende troppo dalla disposizione del cuore di chi hai davanti. Non c'è garanzia assoluta. Inoltre le giovani generazioni di cattolici sono riuscite a stufarmi con il disagio maschile che a volte sa di compatimento e la rigidità con cui le ragazze manifestano la fifa boia che ci proverai con loro. In questo gli adulti "senior" hanno molto più tatto. Inoltre la sessuofobia fa sì che la dimensione della sensualità sia vissuta come lussuria. Per me è una parte importante, penso che la castità abbia a che fare con il rispetto dell'altra e la fedeltà, non con la censura dell'immaginario erotico e della dimensione sensuale della persona. Dico anche questo per arrivare al punto finale, cioè che tutta la dimensione dell'amore per la Chiesa è un peccato se sei lesbica. Magari interpreto male io, ma c'è qualcosa nell'accettazione dell'altro che può trasformarsi in benevola tolleranza da parte di chi è moralmente superiore o in prude complicità di chi pensa che osservi anche tu il comandamento del "si fa ma non si dice". E di essere equiparata a Tizio che ha l'amante ma va a messa con la moglie la domenica o a Caio che evade il fisco ma fa offerte per l'oratorio, non ci sto.

Detto questo, mancano tanto anche a me le cose che peanut chiama il contorno, cantare incluso. E le persone che scegli come amiche hanno un perchè, la trovo una bella definizione. Però la fede non è questo, e per fortuna la mia fede non è una cosa che mi possa essere data o tolta dal contorno. Il mio consiglio un po' cinico è di non essere sentimentale. Bisogna essere un po' chirurghi. Detto questo, non rifiutare assolutamente niente. Continua ad amare, coltivare i ricordi e i rapporti, ma non tornare indietro. Secondo me ti sei risposta da sola quando dici:
Ora sto piano piano cercando, ricostruendo, mettendo anche qualcosa di nuovo, ovviamente, conoscenze e ricchezze nuove.
quindi coraggio e continua su questa strada.

Un paio di appunti su colleghi e famiglia, per quel poco che posso permettermi di dire non conoscendoti e non conoscendo i tuoi cari.
1) come sarebbe che i colleghi la trovano una curiosità erotica-sessuale? se ti aiuta a sdrammatizzare bene, ma io mi sentirei ferita dal veder sintetizzare un intero universo affettivo parte della mia identità in una formuletta genitale con le caratteristiche di un esperimento
2) perchè dovresti cominciare a dire a tua madre che non ti piacciono gli uomini? non è per quello che ti piacciono le donne, e non le preferisci agli uomini dovendo per forza scegliere fra due alternative... essendo invece una risposta piena e positiva, fatta di sentimenti e sensualità, alle donne, presentala così com'è e difendila. Immaginati una dichiarazione alla ragazza che ti piace: "sto con te perchè non mi piacciono le altre, preferisco te"... non è il massimo, non trovi?

auguri per tutto
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Messaggio  peanut Ven Giu 28, 2013 9:11 pm

beh carmen,
io sono ancora nella fase del rifiuto, nn per l accettazione della mia omosessualità, ma per tante cose che nella chiesa nn trovo sane... ma questa è la mia opinione.
Mi manca il pregare insieme a tanta gente, mi manca lo stare fuori dalla chiesa a chiaccherare fino a tardi, mi manca la disciplina che mi dava l'essere praticante e che sentivo mi faceva crescere, ma...nn mi manca la chiesa, anzi sento liberatorio averla lasciata, mi manca il contorno ma nn il centro del sistema. Quando ci torno x qualche motivo trovo sempre motivo di irritazione, forse la nostalgia è tadiva per me.

Comunque credo che se ti manca nn dovresti privartene e credo che muovendoti con prudenza potresti trovare il modo di conciliare i due aspetti, come d'altronde fanno molte noemine che sicuramente posteranno dopo di me.
un abbraccio
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Messaggio  carmen75 Gio Giu 27, 2013 4:53 pm

Ciao a tutte,
da novellina come sono, approfitto con sete di questo spazio e mi cimento subito chiedendovi una cosa che mi frulla in testa da un po', per capire se è capitata anche a voi e come l'avete superata.

Da circa due anni ho fatto nuovamente capolino nel mondo della mia omosessaulità, grazie ad una ragazzina ricciolina e scapestrata che mi ha stanata dal mio borghese comportamento triste, ma la reazione che subito ebbi, e che ho mantenuto per due anni, fu quella del rifiuto di tutto ciò che fino ad allora mi aveva circondato: genitori, sorella, amici, preti, chiesa, compagnie, passioni.

A distanza di due anni sento che mi manca tanto di tutto questo. Mi manca la mia famiglia, i miei amici, l'andare in chiesa, il cantare in chiesa. Mi manca la mia vita di prima che ho rifiutato in modo drastico, forse credendo di anticipare il rifiuto che avrei ricevuto io dalla vita stessa.

Oggi sia mia sorella, che i miei più grandi amici sanno di me, credo che lo sappia anche Dio, voi che dite?
Lo sa qualche collega maschio che l'ha buttata subito su una sorta di curiosità erotica-sessuale, aiutandomi a modo loro anche a sdrammatizzare.

Non lo sanno i miei genitori.
E questa è una cosa che a me fa male.
A volte mi giustifico e la butto sull'ironico dicendo: "beh sono cardiopatici entrambi (cosa del resto vera) non posso stecchirli così all'istante". Ma dentro di me è un grande peso.
C'è tanta paura del rifiuto. Sono cresciuta con un padre molto severo e una madre molto credente.
Eppure oggi mi guardano entrambi e non riescono a capire cosa ho, cosa mi turba, per cosa soffro.
In quei momenti io glielo direi. Ma ho paura di fare troppo male a loro, troppo male a me.
E ora, diciamocelo, non sono per nulla forte nemmeno io.
A volte credo che questa cosa avverrà senza averla programmata, un giorno parlando a mia madre di tutt'altra cosa dirò: "sai mamma, alla fine tutta la mia tristezza degli anni scorsi veniva dal fatto che non mi piacciono gli uomini (molto meglio iniziare con una negazione), ma preferisco le donne e ne ho anche avuta qualcuna che mi ha spezzato il cuore e avevo un sacco paura di dirtelo".

Mi manca la vita di prima. Era bella, ero solo io ad essere triste senza capire il perché. Ma le persone che avevo attorno e che mi ero scelte come amiche avevano e hanno un perché.
Ora sto piano piano cercando, ricostruendo, mettendo anche qualcosa di nuovo, ovviamente, conoscenze e ricchezze nuove.
Cioè credo sia importante congiungere il prima con l'adesso.

E torno quindi alla mia domanda: a voi è capitato di rifiutare tutto, per poi riscoprirlo e integrarlo con quello che siete oggi?
Come ci siete riuscite?
Grazie se vorrete rispondermi.
Buona giornata a tutte,

Carmen
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