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qualche riga di un libro...

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Messaggio  SHANTI Dom Apr 15, 2012 2:10 pm

aria ha scritto:“Ah, dolce ora improvvisa che strappi il velo della malinconia…

Piove, malinconia...qualcuna vuol venire a prendere il the da me? Rolling Eyes
Buona domenica ... Aria

Siiiiiiiiiiiiiiiiiiii ! con dei pasticcini che porto io Very Happy Very Happy Very Happy

Magari stessimo vicine Rolling Eyes
Un Abbraccio Arietta!
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Messaggio  aria Dom Apr 15, 2012 1:51 pm

“Ah, dolce ora improvvisa che strappi il velo della malinconia…
In una frazione di eternità tutto cambia e si trasfigura.
Un brano musicale sfuggito da una stanza ignota, un po’ di perfezione nel flusso delle cose umane – reclino dolcemente la testa,
penso alla camelia sul muschio del tempio, a una tazza di tè, mentre fuori il vento carezza le fronde,
la vita che fugge via si posa su un gioiello senza progetti né domani,
il destino umano, salvato dalla pallida successione dei giorni, finalmente si circonda di luce e, superando il tempo, infiamma il mio cuore quieto.”

L’eleganza del riccio
,
Barbery Muriel

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Messaggio  aria Mar Gen 24, 2012 6:30 am

"La Vita è uno strano Regalo.
All'inizio lo si sopravvaluta, questo regalo: si crede di avere ricevuto la vita eterna.
Dopo lo si sottovaluta: lo si trova scadente, troppo corto, si sarebbe quasi pronti a gettarlo.
Infine ci si rende conto che non era un regalo ma solo un Prestito.
Allora, si cerca di Meritarlo."

dal libro "Oscar e la dama in rosa" di Eric Emmanuel Schmitt

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Messaggio  aria Mer Dic 07, 2011 3:13 am

COMINCIA A NEVICARE - di Grazia Deledda

Siamo tutti in casa? - domandò mio padre, rientrando una sera sul tardi, tutto intabarrato e col suo fazzoletto di seta nera al collo. E dopo un rapido sguardo intorno si volse a chiudere la porta col paletto e con la stanga, quasi fuori s'avanzasse una torma di ladri o di lupi. Noi bambine gli si saltò intorno curiose e spaurite.
- Che c'è, che c'è?
- C'è che comincia a nevicare e ne avremo per tutta la notte e parecchi giorni ancora: il cielo sembra il petto di un colombo.
- Bene - disse la piccola nonna soddisfatta. - Così crederete a quello che raccontavo poco fa.
Poco fa la piccola nonna, che per la sua statura e il suo viso roseo rassomigliava a noi bambine, ed era più innocente e buona di noi, raccontava per la millesima volta che un anno, quando anche lei era davvero bambina (nel mille, diceva il fratellino studente, già scettico e poco rispettoso della santa vecchiaia), una lunga nevicata aveva sepolto e quasi distrutto il paese.
- Quattordici giorni e quattordici notti nevicò di continuo, senza un attimo d'interruzione. Nei primi giorni i giovani e anche le donne più audaci uscivano di casa a cavallo e calpestavano la neve nelle strade; e i servi praticavano qualche viottolo in mezzo a quelle montagne bianche ch'erano diventati gli orti ed i prati. Ma poi ci si rinchiuse tutti in casa, più che per la neve, per l'impressione che si trattasse di un avvenimento misterioso; un castigo divino. Si cominciò a credere che la nevicata durasse in eterno, e ci seppellisse tutti, entro le nostre case delle quali da un momento all'altro si aspettava il crollo. Peccati da scontare ne avevamo tutti, anche i bambini che non rispettavano i vecchi (questa è per te, signorino studente); e tutti si aveva anche paura di morire di fame.
- Potevate mangiare i teneri bambini, come nel mille - insiste lo studentello sfacciato.
- Va via, ti compatisco perché sei nell'età ingrata, - dice il babbo, che trova sempre una scusa per perdonare, - ma con queste cose qui non si scherza. Vedrai che fior di nevicata avremo adesso. Eppoi senti senti...
D'improvviso saliva dalla valle un muggito di vento che riempiva l'aria di terrore: e noi bambine ci raccogliemmo intorno al babbo come per nasconderci sotto le ali del suo tabarro.
- Ho dimenticato una cosa: bisogna che vada fuori un momento - egli dice frugandosi in tasca.
- Vado io, babbo - grida imperterrito il ragazzo; ma la mamma, bianca in viso, ferma tutti con un gesto.
- No, no, per carità, adesso!
- Eppure è necessario - insiste il babbo preoccupato. - Ho dimenticato di comprare il tabacco.
Allora la mamma si rischiara in viso e va a cercare qualche cosa nell'armadio.
- Domani è Sant'Antonio; è la tua festa, ed io avevo pensato di regalarti...
Gli presenta una borsa piena di tabacco, ed egli s'inchina, ringrazia, dice che la gradisce come se fosse piena d'oro; intanto si lascia togliere dalle spalle il tabarro e siede a tavola per cenare.
La cena non è come al solito, movimentata e turbata da incidenti quasi sempre provocati dall'irrequietudine dei commensali più piccoli; tutti si sta fermi, quieti, intenti alle voci di fuori.
- Ma quando c'è questo gran vento, - dice la nonna - la nevicata non può essere lunga. Quella volta...
Ed ecco che ricomincia a raccontare; ed i particolari terribili di quella volta aumentano la nostra ansia, che in fondo però ha qualche cosa di piacevole. Pare di ascoltare una fiaba che da un momento all'altro può mutarsi in realtà.
Quello che sopratutto ci preoccupa è di sapere se abbiamo abbastanza per vivere, nei giorni di clausura che si preparano.
- Il peggio è per il latte: con questo tempo non è facile averlo.
Ma la mamma dice che ha una grossa scatola di cacao: e la notizia fa sghignazzare di gioia il ragazzo, che odia il latte. Gli altri bambini non osano imitarlo; ma non si afferma che la notizia sia sgradita. Anche perché si sa che oltre il cacao esiste una misteriosa riserva di cioccolata e, in caso di estrema necessità, c'è anche un vaso di miele.
Delle altre cose necessarie alla vita non c'è da preoccuparsi. Di olio e vino, formaggio e farina, salumi e patate, e altre provviste, la cantina e la dispensa sono rigurgitanti. E carbone e legna non mancano. Eravamo ricchi, allora, e non lo sapevamo.
- E adesso - dice nostro padre, alzandosi da tavola per prendere il suo posto accanto al fuoco - vi voglio raccontare la storia di Giaffà.
Allora vi fu una vera battaglia per accaparrarsi il posto più vicino a lui: e persino la voce del vento si tacque, per lasciarci ascoltare meglio. Ma la nonnina, allarmata dal silenzio di fuori, andò a guardare dalla finestra di cucina, e disse con inquietudine e piacere:
- Questa volta mi pare che sia proprio come quell'altra.

Tutta la notte nevicò, e il mondo, come una grande nave che fa acqua, parve sommergersi piano piano in questo mare bianco. A noi pareva di essere entro la grande nave: si andava giù, nei brutti sogni, sepolti a poco a poco, pieni di paura ma pure cullati dalla speranza in Dio.
E la mattina dopo, il buon Dio fece splendere un meraviglioso sole d'inverno sulla terra candida, ove i fusti dei pioppi parevano davvero gli alberi di una nave pavesata di bianco.

Grazia Deledda


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Messaggio  marcass Mar Dic 06, 2011 10:56 pm

La narrazione di Cinzia mi è molto piaciuta, nello stile, nella sua lucidità di coordinate che si ricostruiscono. Conosco le spiagge precluse (precluse dal nulla, solo da me stessa) dei tempi della mia adolescenza. Ma anche adesso che ho frequentato di più la vita non mi interessano le spiagge nel senso medio: le spiagge servono perché più in là c'è il mare, dove entrare e nuotare, meglio se ci sono ciottoli o scogli e poi dirupo nell'acqua, e non la sciocca sabbia.
A questo punto il mare e la montagna possono diventare la stessa cosa...

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Messaggio  cinzia Gio Dic 01, 2011 12:17 pm

ecco vedi, ci sono tante cose da condividere

Very Happy
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Messaggio  peanut Gio Dic 01, 2011 12:02 pm

cinzia ha scritto:
Mi e` sempre parso cosi` inopportuno farsi corteggiare, ho sempre sospettato che dietro ci fosse un’interesse che non era genuino, non quello per la persona fragile e affaticata che ero io. Mi arrecava grande imbarazzo e cercavo di evitarlo

...abbassavo gli occhi cercando un diverso punto di interesse, in quell’attimo che avevo atteso da ore. Quando finalmente si materializzava l’occasione di un incontro. E poi mi rimaneva la malinconia di un’occasione persa, della mia pochezza, del nulla che sapevo fare, e del magma che ribolliva all’interno del mio tronco resinoso. Mentre tutti gli altri sbocciavano, io continuavo a vagare in terre solitarie dove il sole si intravedeva tra i rami, ma non risplendeva sul mio viso.

... ancora non sono capace. Ancora sono l’orso del bosco. Ancora mi manca l’odore, che ho solo immaginato e desiderato, delle spiagge estive dove gli altri iniziavano la vita che mi era preclusa.


senza parole... il mio passato lo sento così... senza parole ma tanto stupore
grazie
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Messaggio  cinzia Mer Nov 30, 2011 11:34 am

oh insomma si mai cuntent vialter
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Messaggio  SHANTI Mer Nov 30, 2011 7:54 am

cinzia ha scritto:cinzia dovevi scrivere alla fine to be continued..... si scrive così? Shocked
cavolo ho scritto con il nome ci Cinzia ma sono vivi

Very Happy Succede quando si è tutt'uno con il proprio amore!!!!!! Very Happy
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Messaggio  cinzia Mar Nov 29, 2011 11:28 pm

cinzia dovevi scrivere alla fine to be continued..... si scrive così? Shocked
cavolo ho scritto con il nome ci Cinzia ma sono vivi
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Messaggio  SHANTI Mar Nov 29, 2011 10:39 pm

Non so se può servire ma spero di si Very Happy



Forza ragazze!!!!! Che siete delle creature splendide e meravigliose..... Io vi vedo così!!!!
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Messaggio  cinzia Mar Nov 29, 2011 7:49 pm

Non ho mai cercato di fare la simpatica ne` di procacciarmi degli ammiratori, anche se a volte mi e` capitato di averne, alla fine li allontanavo per eccesso di malgarbo. Mi e` sempre parso cosi` inopportuno farsi corteggiare, ho sempre sospettato che dietro ci fosse un’interesse che non era genuino, non quello per la persona fragile e affaticata che ero io. Mi arrecava grande imbarazzo e cercavo di evitarlo.

Il fatto poi di praticare attivita` poco gradevoli o condivisibili nel tempo libero mi rendeva strana agli occhi dei miei coetanei. C’era probabilmente qualcosa di sfuggente e sgraziato in me, che rendeva poco attraente cercare di conoscermi. Come una cosa che in fondo conviene poco e allora e` meglio non fare. Che non ne vale la pena. Anche se giovani ragazze curiose mi scrutavano di nascosto, intuendo in me qualcosa di nuovo, un bagliore, uno sguardo che rispondeva inaspettatamente al loro passaggio.

Ma neppure in questo caso riuscivo a migliorarmi, aggiungere un poco di grazia alla mia radicata selvaticita`. Se capitava, e capitava, che una di queste ragazzine mi piacesse, non ero capace di levarmi gli abiti del taglialegna e vestirmi da principessa, o da principe.

Abbassavo gli occhi cercando un diverso punto di interesse, in quell’attimo che avevo atteso da ore. Quando finalmente si materializzava l’occasione di un incontro. E poi mi rimaneva la malinconia di un’occasione persa, della mia pochezza, del nulla che sapevo fare, e del magma che ribolliva all’interno del mio tronco resinoso. Mentre tutti gli altri sbocciavano, io continuavo a vagare in terre solitarie dove il sole si intravedeva tra i rami, ma non risplendeva sul mio viso.

Non ho mai saputo veramente farmi avanti. Quando e` successo, quando l’ho fatto, qualche grazia straordinaria ed esterna alla mia persona deve essere intervenuta, senza dubbio. Ancora non sono capace. Ancora sono l’orso del bosco. Ancora mi manca l’odore, che ho solo immaginato e desiderato, delle spiagge estive dove gli altri iniziavano la vita che mi era preclusa.

In quegli anni iniziavo invece a camminare forte e bene su terreni via via piu` difficili e faticosi. I primi incontri forti li ho avuti li`, con altri orsi come me, e il cominciamento di ogni relazione e` stato un lottare e uno sbranarsi perche` non si sapeva altra lingua per comunicare.
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Messaggio  aria Gio Nov 17, 2011 2:48 pm

"Raccolgo i chilometri di pellicola della mia vita,
mi ci avvolgo come nelle spire di un serpente e alla fine trovo quel pezzo di racconto.
Cerco di togliere via il troppo dolore, e la futilità,
e i particolari superflui,
tanto so che torneranno poco alla volta."

Stefano Benni

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Messaggio  aria Ven Nov 11, 2011 12:11 am

Ci sono momenti in cui vorremmo aiutare chi amiamo,
tuttavia non possiamo fare nulla:
le circostanze non ci permettono di avvicinarci,
oppure la persona si dimostra refrattaria a qualsiasi gesto di solidarietà e di sostegno.
Allora, non ci resta che l’amore.
Nei momenti in cui tutto risulta inutile, possiamo ancora amare,
senza aspettarci ricompense, cambiamenti, ringraziamenti.
Se siamo in grado di comportarci in questo modo,
la forza dell’amore inizia a trasformare l’Universo intorno a noi.
Quando compare, quell’energia riesce sempre a portare a compimento la propria opera.
“Né il tempo né il potere della volontà cambiano l’uomo.
È l’amore a trasformarlo”.

Paulo Coelho, Sono come il fiume che scorre
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Messaggio  cinzia Lun Nov 07, 2011 12:41 am

questa citazione è in consonanza con il tempo atmosferico di questi giorni

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Messaggio  aria Dom Nov 06, 2011 11:42 pm

"No, non ho preso io l'iniziativa;
non ho tagliato il nodo, forzato la serratura, rubato dei beni che non era mio diritto prendere.
La porta era aperta.
È vero, Lei non l'aprì da sola.
Per lei l'aprì un maggiordomo, di nome Noia.
Lei disse: "Noia, procurami un passatempo" e la Noia: "Come desidera" e mettendosi i guanti bianchi, affinché le impronte digitali non lo tradissero, bussò al mio cuore e a me parve che dicesse di chiamarsi Amore. "

Jeanette Winterson

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Messaggio  aria Mer Ott 12, 2011 11:47 am

A qualcuno piace uguale

di Simona Argentieri


La sbrigativa e superficiale cattiva coscienza della collettività, sotto l'egida del pervasivo politically correct, tende troppo spesso a ribaltare il pregiudizio senza averlo affrontato di modo che persistono molte non innocue confusioni e circolano sotteraneamente preconcetti vecchi e nuovi.
La voglia di capire è sempre più fievole.
Sia in forma bruta, sia in forma sofisticata, il pregiudizio offre immediati vantaggi all'economia psichica: evita la fatica della riflessione, del pensiero, del dubbio; elude la conflittualità intrapsichica che è l'unica veramente trasformativa.
[...]
In ogni manifestazione della nostra identità psicofisica vale sempre il criterio della multifattorialità, cioè della convergenza di tanti fattori genetici, anatomici, biochimici, pulsionali, relazionali, ruoli e funzioni culturalmente determinanti, in un intreccio inestricabile di congenito e acquisito. Siamo il nostro patrimonio cromosomico, biochimico, ormonale, ma siamo anche il risultato della nostra storia di incontri, esperienze ed affetti.
L'identità sessuale non è un "dato", ma un "processo", radicato nella storia di uomini e donne, a partire dal duplice orientamento potenziale verso un "oggetto"di desiderio e d'amore sia del sesso opposto, sia di quello uguale al proprio; tanto più perchè all'origine, nella mente infantile, la distinzione tra maschi e femmine è tutt'altro che netta.
L'acquisizione dell'identità di genere, a partire dai fatti anatomofisiologici, è un processo che si inserisce in quello più ampio di costruzione, mai compiuta definitivamente, dell'identità personale; un processo che non è individuale e personale, e neppure si esaurisce nel rapporto duale; è invece necessario un rapporto triangolare che consenta di confrontarsi sia col "simile" che col "diverso" da sè.
[...]
L'idealizzazione è sempre l'altra faccia della svalutazione. Vorrei tanto che ciascuno non dovesse nè essere orgoglioso, nè vergognarsi della propria sessualità, deputando l'autostima a livelli più significativi di sè nella convivenza civile.

***********************************************************************

Ieri sera ho letto questo scritto, ve lo lascio.
Buona settimana a tutte... Aria Rolling Eyes
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Messaggio  aria Sab Set 03, 2011 5:34 pm

Midràsh

di Mark Adin

" Yehùda era ladro. Soprattutto era ladro d’amore.
Nascondeva la sua natura. Era soggiogato dallo splendore di Yeshùa, dal suo camminare, dal suo magnetizzare le genti, dai suoi lunghi capelli.
I capelli di Yeshùa erano stati massaggiati anche da Maryam, che li aveva unti con un balsamo e accarezzati a lungo, e questo lo aveva fatto impazzire di gelosia. Quelle donne, quelle donne che gli giravano intorno gli parevano tutte uguali, si chiamavano tutte Maryam.
Yehùda, nonostante avesse fama di ladro, era cassiere dei denari comuni, che tutti schifavano perché preferivano il rapimento delle parole di Yeshùa. Non ne rubava e non ne avrebbe rubato, lui rubava soltanto l’amore.
Gli occhi di Yehùda erano solo per Yeshùa. Un turbamento lo scuoteva ogni volta che ne riceveva uno sguardo. Perché Yeshùa sapeva, gli leggeva nel cuore, e gli sorrideva, finendo per sconvolgere Yehùda ancora di più. La sua luce lo confondeva. Seguiva le sue labbra, piene e carnose, che parlavano ai cuori, penetrando nell’animo. Tutti adoravano Yeshùa, Yehùda lo amava.
Yehuda era diverso dagli altri, seguiva il suo istinto, non capiva: “sentiva”. Portava con sé l’urna ricolma di soldi, pesante, come un facchino, con fatica. Forse era solo per questo che gli altri lo tenevano con sé, come bestia da soma.
Una sera aveva preso posto alla mensa, come tutti, e Yeshùa gli si sedette vicino, affondò un pezzo di pane nel piatto che, come suo solito, Yehùda sembrava abbracciare, quasi a proteggerlo, come fanno i cani che mangiano guardinghi e vigilanti. Ma Yeshùa penetrò nel cerchio delle sue braccia e affondò il pane, dolcemente, a fondo, nel suo miserabile piatto. Yehùda fremette, lo percorse una vampa di caldo, ma Yeshùa gli si rivolse con voce chiara, perché tutti sentissero: “Stasera mi tradirai”.
Yehùda non capì, paralizzato dall’imbarazzo provò un dolore infinito. Abbassò il capo e si alzò.
Prese per la strada di Yerushalayim, e si fermò alla taverna. Bevve del vino, molto vino, e si appartò con un soldato di Kaiafa. Dopo essersi miseramente accoppiato, pianse e si disperò. Il soldato gliene chiese il motivo e Yehùda si confidò. Gli disse del suo amore non ricambiato e nascosto per il suo Yeshùa dai lunghi capelli corvini. Il soldato ascoltò e vide in questa confessione l’occasione per fare qualche soldo, lo accompagnò a forza dal suo comandante, che lo interrogò duramente.
Vistosi perduto, Yehùda parlò, accettando suo malgrado la taglia di trenta denari che Kaiafa pagava per la cattura del ricercato, il terrorista Yeshùa dai capelli che sanno di nardo, sobillatore di genti, e lo costrinse a condurlo da lui.
Yehùda capì solo allora di avere venduto il suo amore, cercò di sviare la guarnigione, ma alla fine li condusse alla macchia, nel luogo chiamato Getsemani, dove Yeshùa sembrava aspettarli.
Yehùda chiese solo una cosa al comandante dei soldati: di poter salutare Yeshùa dai lunghi capelli.
Il comandante pretese in cambio i danari, e Yehùda fu sollevato nel restituirglieli tutti. Il loro peso era ormai insopportabile.
Gli si avvicinò, Yeshùa capì e lo accolse tra le braccia, con tenerezza, e lo strinse a sé. Premette le labbra su quelle di Yehùda e gli diede un bacio sapido e fresco, che sapeva di nardo.
Fu l’unico bacio che Yehùda, in vita sua, non dovette rubare.
Il capo manipolo diede un ordine e lo portarono via, lasciando Yehùda, il ladro, nella disperazione di non più rivederlo.
Il dolore gli fu insostenibile e non volle più vivere. Compì il suo destino.

Non cercate la tristezza in questa narrazione, ma la gioia di veder realizzato un amore. "

buon week end a tutte, Aria Rolling Eyes
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Messaggio  aria Ven Ago 05, 2011 1:33 am

" Non esistevano corpi belli o corpi brutti, perché tutti avevano fatto la stessa traiettoria, tutti erano la parte visibile dell’anima che li abitava.
Sentiva orgoglio, un profondo orgoglio del suo corpo.
Si tirò fuori la blusa. Non portava il reggiseno, ma quello non importava.
Sentiva orgoglio del proprio corpo e nessuno poteva rimproverarla a causa di ciò; anche se avesse avuto settant’anni, continuerebbe ad avere orgoglio del suo corpo, poiché era attraverso di lui che l’anima poteva realizzare le sue opere."

Coelho - tratto da Brida

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Messaggio  aria Mar Ago 02, 2011 8:42 pm

" Raccontami la storia, Pew.
- Che storia, Piccola?
- La storia del segreto di Babel Dark.
- C'entra una donna.
- Dici sempre così.
- C'è sempre lo zampino di una donna: una principessa, una strega, una matrigna,
una sirena, una fatina buona o una fata tanto malvagia quanto bella,
oppure tanto bella quanto malvagia.
Ne manca qualcuna in questa lista? Poi c'è la donna che ami.
- Chi è?
- Questa è un'altra storia."


"- Raccontami una storia, Pew.
- Che storia, Piccola?
- Una a lieto fine.
- Non ne troverai una in tutto il mondo.
- Nessun lieto fine, dunque?
- Nessuna fine."

Jeanette Winterson dal libro "Il custode del faro"

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Ultima modifica di aria il Mar Ago 02, 2011 8:46 pm - modificato 1 volta. (Motivazione : agguinta di un pezzettino...)
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Messaggio  Arwen Sab Lug 30, 2011 9:43 pm

Che bello Aria, il tuo pensiero.
Allora sì, siamo qualcuno, grazie a Dio e grazie anche a noi stesse, che accettiamo questo dono, consapevoli dei rischi, delle difficoltà... ma soprattutto della sua infinita ricchezza e bellezza.. anche quando non è evidenza, quando si nasconde...

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Messaggio  aria Sab Lug 30, 2011 8:38 pm

Oggi, all’improvviso, sono giunto a una sensazione assurda e giusta. Ho capito, in una folgorazione intima, di non essere nessuno.
Nessuno, assolutamente nessuno.
Quando il lampo ha balenato, quella che pensavo fosse una città era una pianura deserta; e la luce sinistra che mi ha
mostrato me stesso non ha rivelato lì sopra alcun cielo. Sono stato derubato del poter esistere prima che esistesse il mondo.
Se ho dovuto
reincarnarmi, mi sono reincarnato senza di me, senza essermi reincarnato.
Sono la periferia di una città inesistente, il commento prolisso a un libro non scritto.
Non sono nessuno, nessuno. Non so sentire, non so pensare, non so volere.
Sono una figura di un romanzo da scrivere che passa aerea ed evanescente senza essere esistita, fra i sogni di chinon mi ha saputo completare.
Penso sempre, sento sempre; ma il mio pensiero non contiene raziocini e la mia emozione non contiene emozioni. Da una botola lassù, sto
precipitando nello spazio infinito, in una caduta senza direzione, infinitupla e vuota.
La mia anima è un maelstrom nero, una vasta vertigine intorno al vuoto, il movimento di un oceano infinito intorno a un buco nel nulla, e nelle acque che più che acque sono vortici, fluttuano tutte le immagini che ho visto e sentito nel mondo – ci sono case, volti, libri, casse, echi di musica e sillabe di voci, in un turbine sinistro e senza fondo.
E io, proprio io, ne sono il centro che esiste solo per una geometria dell’abisso; sono il nulla intorno a cui questo movimento gira, come fine a se stesso, con quel centro che esiste solo perché ogni cerchio lo possiede.
Io, proprio io, sono il pozzo senza pareti, ma con la viscosità delle pareti, il centro di tutto con il nulla intorno.

FERNANDO PESSOA – IL LIBRO DELL’INQUIETUDINE

Triste, ma consapevole; amaro ma lucido.
Se però l'essere QUALCUNO dipende dal fatto di sentire, pensare e volere, allora io si che mi sento qualcuno..
Io mi emoziono tanto e forte, tantissimo e fortissimamente.

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