Mons. Bettazzi e John Shelby Spong, un Vescovo emerito cattolico e uno episcopale, parlano di omosessualità. Due chiese diverse, un solo Vangelo
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Mons. Bettazzi e John Shelby Spong, un Vescovo emerito cattolico e uno episcopale, parlano di omosessualità. Due chiese diverse, un solo Vangelo
Vogliamo segnalare due interventi, molto interessanti, sul tema dell'omosessualità di due Vescovi emeriti, uno cattolico e l'altro episcopale
Il più recente è l'intervento di mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito della diocesi di Ivrea, pubblicato da Adista Segni Nuovi n.18 del febbraio 2010, scritto al "termine di una conferenza sul Concilio promossa all’inizio di febbraio (2010) dal gruppo di omosessuali credenti “Il Guado” di Milano (v. Adista n. 14/2010, ndr)", alcuni giorni dopo che alcuni vescovi emeriti cattolici avevano fatto alcune affermazioni molto forti sulle persone omosessuali, giocoforza perciò che "la discussione è finita ben presto sui temi legati a questi specifici problemi".
Scrive a tal proposito mons. Bettazzi "(...) Anche in questo caso gli uomini della Chiesa danno l’impressione di condividere la mentalità diffusa che, in campo sociale, tende a discriminare ed emarginare chi è giudicato diverso", eppure ricorda che "ci sono nella Chiesa cenni di ripensamento; penso, ad esempio, alla Diocesi di Torino che ne ha fatto argomento di specifica riflessione, con un volumetto (con prefazione addirittura del cardinale arcivescovo) che suggerisce le modalità di una pastorale concreta", perché "credo che dobbiamo abituarci a considerare gli omosessuali come fratelli e sorelle, con i loro problemi (come tutti li abbiamo), aiutandoli a vivere serenamente la loro vita, senza discriminarli a priori, correggendo con prudenza e carità quanto emergesse pubblicamente di meno accettabile".
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Sempre su questo tema John Shelby Spong, biblista e insigne vescovo emerito della diocesi episcopale di Newark (Usa), nelle scorse settimane diffondeva una dichiarazione pubblica, ripresa da Adista Documenti n.2 del 9 Gennaio 2010, in cui davanti alle recenti affermazioni omofobe di alcuni prelati anglicani affermava "Ho preso una decisione. Non discuterò più con nessuno sul tema dell’omosessualità nella Chiesa. Non voglio più avere a che fare con l’ignoranza biblica di tanti cristiani a proposito della condanna dell’omosessualità da parte della Bibbia, come se questo punto di vista fosse ancora credibile.
Non discuterò più con loro né li ascolterò quando diranno che l’omosessualità è “un abominio per Dio”, che è uno “stile di vita che è stato scelto” o che attraverso la preghiera e l’assistenza spirituale gli omosessuali possono “curarsi”.
(...) Non parlerò più con quanti credono che l’unità della Chiesa possa o debba realizzarsi mediante il rifiuto, o almeno a spese, dei gay e delle lesbiche.
Non perderò tempo a combattere l’ignoranza di alcuni leader religiosi del mondo che definiscono l’omosessualità una deviazione" e concludeva "Sono stanco di vergognarmi per la frequente partecipazione della mia Chiesa a cause indegne del Cristo che servo o del Dio il cui mistero e prodigio apprezzo ogni giorno di più.
Di fatto, sento che la Chiesa cristiana non solo dovrebbe chiedere perdono, ma anche fare penitenza pubblica per come abbiamo trattato le persone di colore, le donne, i membri di altre religioni e quanti abbiamo definito eretici, come pure i gay e le lesbiche".
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Due vescovi emeriti, due chiese, un solo Vangelo.
Il più recente è l'intervento di mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito della diocesi di Ivrea, pubblicato da Adista Segni Nuovi n.18 del febbraio 2010, scritto al "termine di una conferenza sul Concilio promossa all’inizio di febbraio (2010) dal gruppo di omosessuali credenti “Il Guado” di Milano (v. Adista n. 14/2010, ndr)", alcuni giorni dopo che alcuni vescovi emeriti cattolici avevano fatto alcune affermazioni molto forti sulle persone omosessuali, giocoforza perciò che "la discussione è finita ben presto sui temi legati a questi specifici problemi".
Scrive a tal proposito mons. Bettazzi "(...) Anche in questo caso gli uomini della Chiesa danno l’impressione di condividere la mentalità diffusa che, in campo sociale, tende a discriminare ed emarginare chi è giudicato diverso", eppure ricorda che "ci sono nella Chiesa cenni di ripensamento; penso, ad esempio, alla Diocesi di Torino che ne ha fatto argomento di specifica riflessione, con un volumetto (con prefazione addirittura del cardinale arcivescovo) che suggerisce le modalità di una pastorale concreta", perché "credo che dobbiamo abituarci a considerare gli omosessuali come fratelli e sorelle, con i loro problemi (come tutti li abbiamo), aiutandoli a vivere serenamente la loro vita, senza discriminarli a priori, correggendo con prudenza e carità quanto emergesse pubblicamente di meno accettabile".
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Sempre su questo tema John Shelby Spong, biblista e insigne vescovo emerito della diocesi episcopale di Newark (Usa), nelle scorse settimane diffondeva una dichiarazione pubblica, ripresa da Adista Documenti n.2 del 9 Gennaio 2010, in cui davanti alle recenti affermazioni omofobe di alcuni prelati anglicani affermava "Ho preso una decisione. Non discuterò più con nessuno sul tema dell’omosessualità nella Chiesa. Non voglio più avere a che fare con l’ignoranza biblica di tanti cristiani a proposito della condanna dell’omosessualità da parte della Bibbia, come se questo punto di vista fosse ancora credibile.
Non discuterò più con loro né li ascolterò quando diranno che l’omosessualità è “un abominio per Dio”, che è uno “stile di vita che è stato scelto” o che attraverso la preghiera e l’assistenza spirituale gli omosessuali possono “curarsi”.
(...) Non parlerò più con quanti credono che l’unità della Chiesa possa o debba realizzarsi mediante il rifiuto, o almeno a spese, dei gay e delle lesbiche.
Non perderò tempo a combattere l’ignoranza di alcuni leader religiosi del mondo che definiscono l’omosessualità una deviazione" e concludeva "Sono stanco di vergognarmi per la frequente partecipazione della mia Chiesa a cause indegne del Cristo che servo o del Dio il cui mistero e prodigio apprezzo ogni giorno di più.
Di fatto, sento che la Chiesa cristiana non solo dovrebbe chiedere perdono, ma anche fare penitenza pubblica per come abbiamo trattato le persone di colore, le donne, i membri di altre religioni e quanti abbiamo definito eretici, come pure i gay e le lesbiche".
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